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FAQ: SERVIZIO CONSULENZA POST CORSO

Corso valutazione Rischio Incendio: come effettuarla in conformità al nuovo decreto 3/9/21 e alle regole tecniche - modulo avanzato - 4 ore

Il percorso formativo proposto da Vega Formazione si caratterizza per un servizio di consulenza online post-corso gratuito e riservato ai partecipanti che consente una prosecuzione del percorso formativo intrapreso garantendo un accrescimento professionale costante e fornendo utili supporti per la propria professione.

Ciascun partecipante riceverà, congiuntamente all'attestato, un codice di accesso da utilizzare per porre quesiti ai docenti del corso, utilizzando l'apposito spazio web "Area Riservata partecipanti" del sito.

Le risposte fornite dal docente verranno inviate a colui che ha formulato le domande e, se ritenute di comune interesse pubblicate sul sito. Tali domande e risposte sono inoltre accessibili dall'area riservata del cliente.
Principali quesiti formulati dai partecipanti e relative risposteInserita il:

RISPOSTA:

L’ordinamento non prevede la necessità di specifico titolo o abilitazione per poter effettuare una valutazione del rischio incendio.



Tuttavia, resta fondamentale possedere adeguate competenze in materia di prevenzione incendi e conoscere approfonditamente le regole tecniche di riferimento applicabili allo specifico contesto da analizzare.


RISPOSTA:

Citando quanto stabilito espressamente dal D.M. 03/09/2021:





  • “[…] si applica alle attività che si svolgono nei luoghi di lavoro come definiti dall’art. 62 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 […]” (art. 1, c.2);




  • “La valutazione dei rischi di incendio e la conseguente definizione delle misure di prevenzione, di protezione e gestionali per la riduzione del rischio di incendio costituiscono parte specifica del documento di cui all’art. 17, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.” (art. 2, c. 1);





consegue che la valutazione del rischio incendio rappresenta parte specifica della valutazione dei rischi e del relativo DVR, la cui redazione costituisce obbligo non delegabile del datore di lavoro, per tutti i luoghi che corrispondano alla definizione di cui all’art. 62 del D.Lgs. 81/08.



Tale definizione comprende “i luoghi destinati a ospitare posti di lavoro, ubicati all’interno dell’azienda o dell’unità produttiva, nonché ogni altro luogo di pertinenza dell’azienda o dell’unità produttiva accessibile al lavoratore nell’ambito del proprio lavoro.”



Come desumibile e già chiarito in passato da sentenze della Corte di Cassazione, è il datore di lavoro locatario/conduttore degli spazi a doverne verificare e garantire l’idoneità per l’attività della propria azienda.



Ciò significa in sintesi che la valutazione del rischio incendio sarà a cura dei singoli locatari che si configurino come datori di lavoro di personale operante negli spazi di coworking, attività che comprenderà la verifica pratica e documentale di:





  • caratteristiche dei luoghi e degli spazi comuni;




  • caratteristiche e stato di manutenzione degli impianti antincendio e dei presidi antincendio messi a disposizione dal locatore;




  • caratteristiche e stato di manutenzione degli impianti rilevanti ai fini antincendio presenti entro i luoghi di lavoro;





ferma restando la possibilità di integrare le dotazioni disponibili in funzione dell’esito della valutazione del rischio di incendio (eventualmente previo accordo con il locatore).



Si ricorda inoltre, con riferimento alla pianificazione ed alla preparazione all’emergenza, che in base all’allegato II, punto 2.2.4. “Per più luoghi di lavoro ubicati nello stesso edificio, ma facenti capo a titolari diversi, i piani di emergenza devono essere coordinati” e in base all’allegato I, punto 1.3.8 “Se nello stesso edificio coesistono più datori di lavoro, è necessaria la collaborazione e il coordinamento tra i soggetti occupanti l’edificio per la realizzazione delle esercitazioni antincendio”.



Riteniamo utile evidenziare infine che per quanto riguarda il locatore, il superamento delle 300 persone presenti potrebbe comportare l’assoggettabilità degli spazi adibiti a coworking ai controlli di prevenzione incendi “Edifici e/o complessi edilizi a uso terziario e/o industriale caratterizzati da promiscuità strutturale e/o dei sistemi delle vie di esodo e/o impiantistica con presenza di persone superiore a 300 unità, ovvero di superficie complessiva superiore a 5.000 m2 , indipendentemente dal numero di attività costituenti e dalla relativa diversa titolarità” (att. n. 73 di cui all’All. I del D.P.R. n. 151/2011).


RISPOSTA:

Premesso che dal testo dell’allegato I del D.M. 03/09/2021 non risulta chiaro a cosa si riferisca la “superficie lorda complessiva” del luogo di lavoro, riportiamo di seguito alcune considerazioni:





  • Il punto 2 dell’allegato I al D.M. in parola indica che: “I termini, le definizioni e i simboli grafici utilizzati nel presente allegato sono quelli del capitolo G.1 del decreto ministeriale 3 agosto 2015 e successive modifiche”;




  • la definizione di “superficie lorda”, nel capitolo G.1 del Codice di prevenzione incendi compare solo con riferimento alla “Superficie lorda di un ambito: superficie in pianta compresa entro il perimetro interno che delimita l’ambito”;




  • l’ambito è definito come “porzione delimitata dell’attività avente la caratteristica o la qualità descritta nella specifica misura.”





Nota: L’ambito può riferirsi all’intera attività o a parte di essa. Ad esempio: piano, compartimento, opera da costruzione, area a rischio specifico, area all’aperto, area sotto tettoia, …”;



Ne consegue che la “superficie lorda complessiva” si possa riferire, in base alle caratteristiche dei luoghi, all’intero fabbricato o ad una sola parte di esso.



Ciò detto, nel caso citato in esempio di edificio con superficie complessiva di 1200 m2, suddiviso in zone tra loro comunicanti, risulta condivisibile l’attribuzione di un rischio NON BASSO per l’intero fabbricato.



Qualora fossero realizzate separazioni efficaci, tali da rendere individuabili ambiti indipendenti tra loro, il riconoscimento di rischio BASSO o NON BASSO non è automatico.



Una interpretazione ragionevole e che nel confronto con alcuni tecnici è stata ritenuta fondata è che le diverse porzioni di un fabbricato o luogo di lavoro possano ritenersi “ambiti indipendenti” nel momento in cui si possa verificare la loro “indipendenza” rispetto alla strategia antincendio complessiva da adottarsi entro ciascuna.



Laddove si potesse suddividere l’ipotetico edificio in ambiti indipendenti come sopra descritto, non si può escludere che la valutazione del rischio si possa effettuare valutando la superficie lorda di ciascun ambito anziché quella dell’intero fabbricato.


RISPOSTA:

La verifica di conformità alle regole tecniche di prevenzione incendi applicabili costituisce una fase fondamentale del processo di valutazione del rischio, in quanto permette di raccogliere i dati necessari per determinare se il rischio residuo possa essere giudicato accettabile o non accettabile (ponderazione del rischio). Questo in quanto la conformità alle regole tecniche costituisce imprescindibile e vincolante criterio per la ponderazione del rischio.



Tali criteri non possono essere soggetti a ribasso, tuttavia il valutatore può definirne di ulteriori e maggiormente restrittivi (ad esempio, definendo come “strategici” taluni beni aziendali, potrebbe ritenere indispensabili sistemi di controllo dell’incendio con maggior tempestività di intervento ed efficacia superiore rispetto a quanto emerga come obbligo dalle regole tecniche applicabili).



Allo stesso modo, la definizione del “livello di rischio” tra rischio basso o non basso secondo il Minicodice ha conseguenze esclusivamente per la determinazione di quali siano le regole tecniche in questione, e costituisce dunque anch’essa una fase intermedia nel processo di valutazione del rischio. Tale considerazione è rafforzata dal fatto che resta possibile, a discrezione del valutatore, l’impiego dell’intero Codice di Prevenzione Incendi come regola tecnica di riferimento anche per luoghi a rischio basso.



Correttamente, dunque, il percorso da seguire che propone corrisponde con quello descritto nel nostro corso:





  • Analisi del contesto, per definire le caratteristiche dei luoghi di lavoro di interesse ai fini della valutazione del rischio nonché eventuali beni meritevoli di particolare tutela e/o criticità sotto il punto di vista ambientale;




  • Identificazione dei pericoli di incendio;




  • Definizione di numero e caratteristiche delle persone presenti, per valutare eventuali esigenze particolari per la finalità di tutela delle vite umane;




  • Definizione del “livello di rischio” ai fini della determinazione dei riferimenti rispetto a cui valutare la conformità della strategia antincendio (inclusa la stima di conseguenze per occupanti, beni ed ambiente, che potrebbe influenzare i requisiti il cui soddisfacimento è obbligatorio oppure evidenziare al valutatore la necessità di “alzare l’asticella” degli obiettivi da raggiungere);




  • Verifica della conformità ai requisiti imposti da progetto/regole tecniche applicabili;




  • Ponderazione del rischio (definizione dell’accettabilità o meno del livello di rischio residuo);




  • Stesura dei piani riferiti a:





    • adeguamento delle misure antincendio nel caso fossero riscontrate difformità rispetto a quanto obbligatorio;




    • miglioramento del livello di sicurezza antincendio;




    • mantenimento in efficacia delle misure di prevenzione e protezione nel tempo.






RISPOSTA:

Il riferimento normativo per la conformità del sistema di alimentazione delle reti idriche antincendio attualmente in vigore è la norma UNI EN 12845:2020.



Detta norma, nel caso di installazione di elettropompe, impone che “L’alimentazione elettrica deve essere sempre disponibile”.



La scelta della modalità realizzativa che permetta di ottenere tale disponibilità continua è lasciata al progettista, ma può comprendere (tra le altre soluzioni potenzialmente valide) una doppia alimentazione rete elettrica aziendale/gruppo elettrogeno.


RISPOSTA:

Il D.M. 2/9/21 prevede per gli addetti antincendio di attività di livello 2 e 3 l'effettuazione anche di prove pratiche con naspi e idranti, a prescindere dall'effettiva disponibilità degli stessi presso l'azienda.

Qualora l’azienda non disponga di tali presidi il corso potrà essere organizzato presso un ente di formazione in grado di erogare i corsi compresivi delle prove pratiche con naspi e idranti così come previsto dal D.M. 2/9/21.


RISPOSTA:

Il D.M. 2/9/21 non stabilisce il tempo concesso per l'adeguamento formativo, pertanto, a rigore, l'adeguamento formativo deve essere fatto immediatamente.


RISPOSTA:

Il “Minicodice” D.M. 3/9/21 si applica solo ai luoghi di lavoro a rischio basso d’incendio, ovvero quelli ubicati in attività non soggette o non dotate di specifica RTV aventi tutti i requisiti previsti al punto 1 dell’Allegato I del D.M. 3/9/21.


RISPOSTA:

L’indice di affollamento per le attività a rischio incendio non basso, che quindi non rientrano nel “Minicodice” D.M. 3/9/21, non è univoco ma dipende dal tipo di attività.

Nei casi di attività che non rientrano nell’applicabilità del “Minicodice” si può fare riferimento al paragrafo S.4.6 del “Codice di Prevenzione Incendi” (Allegato I al D.M. 03/08/2015), alle RTV eventualmente applicabili (Sezione V del Codice di Prevenzione Incendi) o alle Regole Tecniche tradizionali, in base alla loro eventuale applicabilità.


RISPOSTA:

Il nuovo D.M. 3/9/21 prevede che la valutazione del rischio incendio debba essere aggiornata nei casi indicati dall’art. 29 del D.Lgs. 81/08, ovvero:



• in caso di modifiche significative del processo produttivo o della organizzazione del lavoro;



• in relazione al grado di evoluzione della tecnica, della prevenzione o della protezione;



• a seguito di infortuni significativi o quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne evidenzino la necessità



Riassumendo, non è necessario aggiornare la valutazione del rischio incendio a seguito dell’entrata in vigore del nuovo Decreto, andrà aggiornata qualora si verifichino i casi sopra esposti secondo le modalità previste dalla nuova norma.


RISPOSTA:

Citando il testo coordinato del D.M. 26 agosto 1992, realizzato dal Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco (reperibile da www.vigilfuoco.it):

“La norma che disciplina gli aspetti di prevenzione incendi per le scuole è il DM 26/08/92[…]

È applicabile, in alternativa al DM 26/08/1992, il DM 03/08/2015, cosiddetto Codice di Prevenzione Incendi, essendo state pubblicate, col DM 07/08/2017 al quale si rimanda, le specifiche RTV (Regole Tecniche Verticali).

Si precisa che l’applicazione del codice di prevenzione incendi esclude quella del DM 26/08/1992 e viceversa, essendo tali norme alternative e non complementari.”

Nel caso di applicazione del D.M. 03/08/2015, considerato che nella sezione S.5 (par. S.5.7.4) non si fa riferimento ad una periodicità minima per le “prove di attuazione del piano di emergenza”, il riferimento torna alla cadenza annuale stabilita dal D.M. 02/09/2021.


RISPOSTA:

In caso di promiscuità strutturale, impiantistica, nonché relativa al sistema di percorsi d’esodo (come nell’esempio del negozio inserito in centro commerciale), la valutazione del rischio per la specifica porzione di attività non potrà prescindere da quella effettuata per la realtà nel suo complesso.

Laddove non si operi entro compartimento con caratteristiche di completa indipendenza rispetto a strutture ed attività circostanti, la valutazione di conformità rispetto ai requisiti tecnici ed autorizzativi sarà da svolgersi:

• In via diretta, per quanto riguardi gli aspetti propri della singola attività (presidi antincendio, garanzia di fruibilità dei percorsi d’esodo, ecc.);

• In via indiretta, mediante coordinamento con i responsabili dell’attività “complessiva” per quanto riguarda gli elementi comuni (pianificazione dell’emergenza, verifica dell’efficienza degli impianti antincendio ad uso promiscuo, ecc.).

Si ricorda che, con particolare riferimento al caso portato in esempio, l’unità di “piccolo negozio” inserita in un centro commerciale (qualora non fossero previste adeguate misure di compartimentazione), rientra a tutti gli effetti tra i “Locali adibiti ad esposizione e/o vendita all'ingrosso o al dettaglio […] con superficie lorda superiore a 400 m2 comprensiva dei servizi e depositi.”, di cui all’att. 69 dell’Allegato I al D.P.R. n. 151/2011 e dunque da classificarsi a rischio medio secondo il D.M. 10/03/1998 – non basso secondo il D.M. 03/09/2021.


RISPOSTA:

Impiegare tali valori come riferimento risulta essere un approccio corretto.

In base al D.M. 03/08/2015, c.d. “Codice di prevenzione incendi”, “i valori […] possono essere determinati per via sperimentale in accordo con UNI EN ISO 1716, dedotti dal prospetto E3 della norma UNI EN 1991-1-2, oppure essere mutuati dalla letteratura tecnica.”

Analogamente, nelle “regole tecniche tradizionali” per il calcolo del carico d’incendio il riferimento è da trovarsi nel D.M. 09/03/2007: “I valori […] possono essere determinati per via sperimentale in accordo con UNI EN ISO 1716:2002 ovvero essere mutuati dalla letteratura tecnica.”


RISPOSTA:

Non sussiste un obbligo normativo che preveda l’aggiornamento dei piani di emergenza e delle planimetrie di emergenza esistenti come conseguenza all’entrata in vigore del D. M. 2/9/21.

Questi dovranno essere aggiornati solo in caso di modifiche significative ai fini del rischio incendio.


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