La normativa sullo smaltimento dei rifiuti aziendali è complessa ed articolata. Inoltre molto spesso, soprattutto nelle piccole e medie imprese, può mancare la consapevolezza che una gestione dei rifiuti aziendali non conforme alla normativa vigente può condurre a pesanti sanzioni amministrative e penali.
Vediamo un approfondimento sul tema dello smaltimento dei rifiuti nelle aziende affrontando i seguenti argomenti:
Per sapere cosa sono i rifiuti speciali e quali sono, bisogna far riferimento al D.Lgs. 152/06, in particolare l’art. 184 comma 3 fornisce un elenco dettagliato.
A loro volta i rifiuti speciali, ma anche gli urbani, si classificano in pericolosi e non pericolosi. La loro identificazione e classificazione avviene attraverso l’attribuzione del codice CER (o codice EER, cioè codice dell’Elenco Europeo Rifiuti). I rifiuti contrassegnati da un asterisco (*) nell'elenco di rifiuti sono considerati rifiuti pericolosi.
Per approfondire questo aspetto si rimanda alla pagina del blog tecnico: LA GESTIONE DEI RIFIUTI SPECIALI: COME FARE?
Con smaltimento rifiuti, secondo la definizione fornita dal D.Lgs. 152/06, si intende qualsiasi operazione diversa dal recupero anche quando l’operazione ha come conseguenza secondaria il recupero di sostanze o di energia. L’elenco non esaustivo delle operazioni di smaltimento rifiuti è riportato nell’Allegato B alla parte IV del Testo Unico Ambientale, si tratta di 15 possibili tipologie di smaltimento individuate con la lettera “D”, che vanno da D1 a D15 (ad esempio: incenerimento in discarica (D10), deposito temporaneo prima dello smaltimento (D15)):
Il costo smaltimento rifiuti speciali pericolosi può variare significativamente in base alla tipologia del rifiuto e alle tecniche di trattamento necessarie. I prezzi smaltimento rifiuti speciali pericolosi riflettono la complessità e la specificità dei processi richiesti.
Nella realtà di tutti i giorni però si tende a utilizzare il termine “smaltimento rifiuti” in modo generico e impreciso, riferendosi all'atto di liberarsi dei rifiuti domestici o aziendali, senza tenere conto della distinzione tecnica tra smaltimento e recupero. In pratica, nel linguaggio comune, lo smaltimento dei rifiuti è visto come il processo finale di gestione dei rifiuti, indipendentemente dal fatto che essi vengano effettivamente eliminati o recuperati. Questo uso poco preciso del termine riflette una mancanza di conoscenza delle distinzioni legali e tecniche che regolano il ciclo di vita dei rifiuti.
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CI SONO SANZIONI PER IL NON CONFORME SMALTIMENTO RIFIUTI SPECIALI?
La normativa vigente prevede sanzioni amministrative pecuniarie e penali, anche pesanti, per:
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Il concetto moderno di smaltimento rifiuti come questione ambientale nasce nel secondo dopoguerra, quando l’industrializzazione e l’urbanizzazione hanno reso evidente il legame tra gestione dei rifiuti, inquinamento e tutela della salute pubblica. Tuttavia, è solo con la Direttiva 75/442/CEE del Consiglio europeo che si pongono le basi giuridiche comuni per la gestione dei rifiuti all’interno degli Stati membri. Tale direttiva introduce una prima definizione giuridica di rifiuto, come qualsiasi sostanza o oggetto di cui il detentore si disfi o abbia deciso di disfarsi, e stabilisce i principi generali dello smaltimento controllato dei rifiuti Direttiva 75/442/CEE. La definizione di rifiuto come “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’obbligo di disfarsi” è stata sostanzialmente mantenuta anche nelle direttive successive.
Il passaggio successivo fondamentale è rappresentato dalla Direttiva 2008/98/CE (Direttiva quadro sui rifiuti), che sostituisce le precedenti e introduce il principio cardine della gerarchia nella gestione dei rifiuti, articolata in cinque livelli:
Vengono inoltre rafforzati il principio “chi inquina paga” e la responsabilità estesa del produttore (Extended Producer Responsibility), assegnando al produttore obblighi anche nelle fasi successive alla vendita del prodotto, comprese le operazioni di raccolta, trattamento e smaltimento dei rifiuti derivanti Direttiva 2008/98.
In Italia, la prima regolamentazione organica dello smaltimento dei rifiuti è il D.P.R. 915/1982, che stabilisce l’obbligo di autorizzazione per lo smaltimento, l’istituzione dei registri di carico e scarico e i criteri per l’idoneità degli impianti di smaltimento D.P.R. 915/1982.
Con il Decreto Legislativo 22/1997 (cosiddetto Decreto Ronchi), si recepiscono le direttive europee allora vigenti e si introduce una classificazione normativa dei rifiuti in urbani e speciali, oltre alla distinzione tra rifiuti pericolosi e non pericolosi. Si definiscono anche i concetti di recupero, riciclaggio e smaltimento, ponendo maggiore enfasi sulla prevenzione e sulla gestione sostenibile dei rifiuti D.Lgs. 22/1997, ponendo le basi per il concetto di gestione integrata.
Il Testo Unico Ambientale (D.Lgs. 152/2006), che ha abrogato il Decreto Ronchi, rappresenta oggi il principale riferimento normativo in Italia per la gestione e lo smaltimento dei rifiuti. La Parte IV del decreto disciplina le attività di gestione, definisce le autorizzazioni, i registri ambientali, i controlli e le sanzioni. Il decreto è stato successivamente modificato dal D.Lgs. 116/2020, che recepisce il Pacchetto sull’Economia Circolare e rafforza i meccanismi di responsabilità estesa, aggiornando tra le altre cose le definizioni di rifiuto, sottoprodotto ed end of waste D.Lgs. 152/2006 – D.Lgs. 116/2020.
L’evoluzione normativa dello smaltimento dei rifiuti riflette un passaggio da un approccio focalizzato principalmente sulla tutela igienico-sanitaria con unico fine lo smaltimento a un approccio integrato e sistemico, fondato sui principi di sostenibilità ambientale, circolarità e prevenzione. Le attuali direttive europee e la normativa nazionale mirano a ridurre la produzione di rifiuti alla fonte, promuovere il riuso e il riciclo e limitare lo smaltimento in discarica solo ai casi residuali.
Il sistema normativo è in costante aggiornamento per rispondere alle sfide ambientali globali, sostenere l’innovazione tecnologica e garantire un uso efficiente delle risorse, nel quadro della transizione verso un’economia circolare.
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